martedì 13 gennaio 2009

come farfalle bianche...


Il fiume scivolava lento, accarezzando le rive sotto un cielo percorso da nubi bianche, basse e veloci.

Sulla panchina di legno verniciato sedeva una vecchia signora minuta, dai capelli candidi e ricci, ben curati. L’età non aveva scalfito l’antica bellezza e i lineamenti dolci sulla pelle ancora liscia le donavano un raffinato fascino. Le mani sottili, esili, dalla pelle trasparente che lasciava intravedere le vene, tenevano un libro e più che sostenerlo sembravano esservi abbandonate. Quando le passai accanto mi rivolse un sorriso che definii di saluto e risposi abbassando il capo in un discreto, cortese inchino. Ad ogni alito di brezza, sempre più fresco, le foglie lasciavano i rami degli alberi per scendere sul colorato tappeto del viale. Sedetti su una panchina poco distante e rimasi ad ammirare il bosco sull’altra riva, riflesso sulla fluida superficie del fiume. Un pettirosso frullò le ali e scese sulle foglie secche che, come un tappeto, ricoprivano il viale in un caleidoscopio di frammenti gialli, aranciati e rossi, mosse due passi e si fermò con il capo rivolto al cielo.

Come apparsa dal nulla, iniziò a cadere la neve. Nel paesaggio, fino a quell’istante nitido e ammantato di colori caldi, apparvero come d’incanto i fiocchi lenti che, ondeggiando in una silenziosa danza, si adagiarono sui rami degli alberi, vestendoli di bianco, lentamente. Si posavano anche sull’acqua e, prima di sciogliersi, accompagnavano per un brevissimo tratto il fiume, nella sua lenta discesa verso valle. In breve, un soffice velo coprì gli alberi, gli arbusti, l’erba sulle rive; ammantò le siepi e il viale e il suo tappeto di colori. A un tratto scomparve ogni suono; non mi stupii, sapendo che la neve attutiva ed ovattava i rumori; come se il tempo si fosse fermato, anche i passeri rimasero fermi, come in attesa. Il silenzio ricopriva il bosco e le foglie avevano smesso di cadere. Le nubi si fermarono e sembrò arrestarsi anche la corrente. Rimasi attonito, perché s’era fermata a mezz’aria anche la neve. Nel silenzio assoluto, irreale, improvviso, riuscivo a percepire solo il battito del mio cuore che stava aumentando il suo ritmo, colto dall’ansia per qualcosa di ignoto che stava per accadere. Guardai verso l’altra panchina.

La piccola donna sorrideva e sembrava perduta in un mondo lontano, gli occhi socchiusi e le gote rosse, quasi con pudore, come se una carezza le fosse passata sul viso; poi, piegato il capo di lato sembrò guardare il vuoto alla sua sinistra. Dalla mia panchina la potevo scorgere, con discrezione. Le pagine del libro vibrarono e si aprirono, ma non c’era vento in quell’immobilità assoluta. I bianchi capelli si mossero, come se una mano invisibile avesse voluto scompigliarle i riccioli. Sembrò rivolgersi a qualcuno e con una voce sottile, argentina sussurrò: dispettoso! lo so che sei qui. Rimasi senza respiro e, sentendomi estraneo in quel lembo d’universo che mi coglieva spettatore involontario, restai a guardare. A un tratto il volto della donna si colorò, roseo e caldo in quell’immobilità bianca, la neve sembrò sciogliersi e i riccioli si scurirono in un rosso ramato, i lineamenti si distesero, il viso ringiovanì, il dorso si erse diritto, le mani tornarono al tenero colore di gioventù. Il tempo ricadeva su se stesso e lei vi si abbandonò, senza timore. Ero rapito dal vortice degli anni che si riavvolgevano e trasformavano l’aspetto della donna che pareva ringiovanire come in un film alla rovescia...

La ragazza si alzò, lasciò scivolare il libro sulla panchina e si erse in punta di piedi: gli occhi prima socchiusi e stanchi adesso erano due meravigliose perle nocciola raggiate di smeraldo e d’oro, grandi e sorpresi. Le labbra rosse e ben disegnate si aprirono in un radioso sorriso: la sentii sussurrare sottovoce e non riuscii a capire le sue parole, forse aveva detto: finalmente!, ma potrei giurare che sembrava davvero felice. Aprì le braccia e le richiuse, abbracciando qualcuno che io non potevo scorgere. E iniziò a roteare e, sì, non era sola. L’uomo, un giovane dalle braccia forti e le mani grandi era apparso e la cingeva, sollevandola dal tappeto di foglie e li sentii ridere, poi si baciarono.

Lo so, vorreste che vi dicessi che li ho visti volare in alto per svanire verso il cielo salendo lungo un raggio di sole apparso all’improvviso in uno squarcio tra le nubi…

Ma non fu così. Semplicemente rotearono un po’, lentamente, sollevandosi a un palmo dal suolo, rimanendo sospesi. Poi scomparvero come una bolla di sapone che scoppia, in un turbinio di fiocchi impazziti. Il tempo riprese il suo corso, il fiume ripartì con le sue acque verso valle, i passeri volarono nel bosco e la neve ricominciò a cadere copiosa.

Rimasi solo ed incredulo. Per un bel po’ mi volli convincere d’aver sognato. Ma sulla panchina c’era il libro che la ragazza aveva lasciato cadere. Non era stata allora un’illusione. Mi sollevai, percorsi di corsa quel breve tratto e mi chinai per raccoglierlo, ma improvviso il vento si levò. La bora, violenta spalancò il libro: le pagine si staccarono, si sollevarono e vennero portate lontano. Come farfalle bianche si confusero nella neve.

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